Biblioteca Mario Rostoni - LIUC

Catalogo delle tesi di laurea

Facoltà: Economia Aziendale
Collocazione: 4697

Autore: Chiereghin Giancarlo
Data: 06/04/2006

Titolo: LA FLESSIBILITA' DEL LAVORO IN AZIENDA: LO SVILUPPO DEL LAVORO INTERINALE

Relatore: Ruffini Renato
Correlatore: Morelli Chiara

Autorizzazione per la consultazione: SI
Le tesi si possono consultare unicamente in sede

Abstract

Con l’inizio del nuovo millennio l’Italia ha conosciuto profondi cambiamenti l’entrata in Europa, l’avvento dell’Euro e aspetto non di poco conto la riforma del mercato del lavoro che si lascia alle spalle una struttura giuridica e organizzativa particolarmente obsoleta. La nuova riforma si struttura in molti articoli che nei vari mesi subiranno molte modifiche e alcuni di essi verranno anche abrogati. Ritengo che tutte le persone debbano conoscere questa realtà che coinvolge non solo chi da anni opera nel mondo del lavoro, ma anche chi come me ancora non ne fa parte. In questa tesi si è cercato di analizzare com’era il mercato del lavoro negli anni passati, in particolare con la legge 1369/60, e le novità che accompagneranno il mercato del lavoro italiano nel nuovo millennio grazie all’introduzione della legge Biagi. Ritornando alla legge 1369 è opportuno ricordare che in passato il caporalato era assolutamente vietato, quindi l’eventuale interposizione di manodopera era fatta di comune accordo tra i datori di lavoro che per picchi di intensa produttività ricorrevano alle prestazioni di lavoratori occupati presso altre imprese in modo tale da poter aggirare eventuali costi inerenti all’assunzione anche se a tempo parziale di un lavoratore. Con l’avvento del Governo Berlusconi, e l’uccisione dello statista Marco Biagi avvenuta il 19 marzo 2002 ad opera di un commando delle Brigate Rosse, il Ministro del Welfare Roberto Maroni ha affidato a Michele Tiraboschi il compito di completare l’opera dello statista ucciso. È lo “statuto dei lavoratori” l’obiettivo principale della Riforma Biagi che dovrebbe finalmente dare all’Italia nuove regole per tutti i tipi di lavoro, rivedendo vecchie norme, non più in grado di migliorare i lavori emergenti in una società in cui i lavoratori hanno una consapevolezza maggiore dei propri diritti/doveri rispetto al passato. Mesi di intenso lavoro da parte di Governo e parti sociali hanno permesso la stesura in 86 articoli di un complesso impianto di modernizzazione del nostro diritto del lavoro attraverso la legge n°30 del 14 febbbraio 2003 approvata con D.Lgs n° 276/03. Aspetto fondamentale di questa riforma è insito nel tentativo di riorganizzare l’attività di vigilanza per rendere il mercato del lavoro più efficiente e trasparente contribuendo al contempo a contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare che negli ultimi anni ha conosciuto una crescita esponenziale notevole. La Riforma del lavoro che è appena entrata in vigore è stata però anticipata dal Libro Bianco di Maroni che aveva come finalità quello di rendere partecipi tutti gli attori istituzionali e sociali della riforma che il Governo ha svolto in vista di un confronto diretto a ricercare un più ampio ventaglio di consensi. Lo scopo previsto in questo libro è quello di realizzare una forma di “coordinamento aperto” al nuovo quadro istituzionale che si sta delineando in Italia e che affida alle Regioni e agli Enti locali una maggiore responsabilità. Il nuovo aspetto federale, che interessa anche la regolamentazione del mercato e dei rapporti di lavoro, può valorizzare questo metodo di intervento. Nel Libro Bianco si introduce anche un nuovo concetto legato al fatto che mentre nel passato si faceva riferimento al lavoratore come titolare di un rapporto di lavoro, oggi invece il prestatore viene identificato come una figura che opera all’interno di un ciclo produttivo che può essere definita come una missione, un incarico che alterna fasi di lavoro dipendente a fasi di lavoro autonomo. L’aspetto chiave per poter realizzare questo progetto è legato alla formazione scuola – lavoro, innalzando la qualità dell’offerta formativa con azioni dal lato della domanda, ma anche con un rinnovato intervento pubblico, in quanto se lasciato a se stesso il mercato non riesce a dare i risultati migliori. Questa nuova legge però fa sollevare alcune questioni in merito agli effetti che potrà avere sulle persone che già sono inserite nel mondo del lavoro e quelle che si accingono ad entrarvi per la prima volta. Ogni uomo giudica un buon lavoro in base alla retribuzione, ma analizza anche la soddisfazione personale che ne ricava dal lavorare in un ambiente che possa garantire anche aumento delle conoscenze e un riscontro a livello di relazioni sociali entro cui opera. All’interno di questa situazione emerge la parte migliore di ogni lavoratore, quella dell’impegno, che mobilita le risorse fisiche di ogni uomo e lo fa sentire parte integrante di un progetto molto più ampio; come sosteneva Hegel nel suo libro “Fenomenologia dello Spirito “ del 1806 il lavoro è una fonte di reddito, ma nel momento in cui il lavoro non viene più ritenuto utile a livello sociale si realizza una perdita non solo economica, ma anche dei diritti e della gratifica che quell’attività garantisce. Accanto alla riforma complessiva del mercato del lavoro, la riforma Biagi ha interessato anche il settore della Pubblica Amministrazione comportando cambiamenti sia a livello strutturale, sia a livello organizzativo e di gestione delle risorse umane. Per riformare la Pubblica Amministrazione si è partiti dalla legge n° 142/1990 in cui si è evidenziata la necessità da parte del dirigente di svolgere il proprio compito in modo dinamico ed innovativo, coinvolgendo attivamente il personale dipendente, attraverso manuali operativi - in cui si parte dagli obiettivi e dai programmi che l’ente si è posto durante la programmazione - e attraverso sistemi di incentivazione. Non ci sono solo aspetti positivi che possono essere associati a questa riforma, purtroppo i problemi da risolvere non mancano; tra questi si può affermare che nell’organizzare la sua impresa l’imprenditore utilizza capitale, strumenti e persone in modo tale da poter ottenere il massimo risultato con rischi e spese contenuti e tutto ciò avviene a scapito dei lavoratori. Poco importa se il conseguimento del profitto abbia una ricaduta anche su chi concorre con il suo lavoro a realizzarlo. L’impresa genera opportunità di lavoro, ma lo scopo dell’imprenditore non va confuso con i suoi effetti, poiché nessuno impegna capitale e strumenti per creare posti di lavoro, bensì organizza i suoi mezzi per conseguire un guadagno, fornendo opportunità reddituali ai suoi collaboratori. La legge Biagi assegna priorità al mercato del lavoro e non alla persona del lavoratore modulando la sua sorte alle sue esigenze. Fra l’imprenditore ed il lavoratore esiste una conflittualità: il primo mira a contenere i costi, il secondo ad ottenere una retribuzione più vantaggiosa. La flessibilità e quindi la precarietà finiscono per favorire l’imprenditore, agevolando l’opera di destrutturazione della dimensione sindacale e avvicinando sempre di più il lavoratore alle esigenze del suo datore di lavoro. Con la precarietà in seguito aumenterà anche la tensione rivolta al mantenimento del posto di lavoro, alla competizione con i colleghi di lavoro, in seguito tutto ciò finirà per conferire al lavoro quel ruolo che non è proprio della natura umana, realizzando un percorso mortificante della vita lavorativa e privando l’individuo di altri spazi. Non solo l’Italia, ma anche l’Europa ha vissuto un periodo importante di riforme iniziato nel 1993 con il Libro Bianco di Delors; a seguito di questo documento con la “Strategia di Essen” è iniziato il primo piano d’azione per favorire strategie e opportunità per ciascun lavoratore. La sfida per l’occupazione in Europa ha il suo apice con il trattato di Amsterdam del 1997 e con l’appoggio del FSE vengono stabilite nuove regolamentazioni per il periodo 2000-2006. Alcuni degli obiettivi prevedono lo sviluppo di politiche attive dirette a contrastare la disoccupazione, promuovere l’inserimento sociale e le pari opportunità, sviluppare l’istruzione e la formazione, promuovere una forza lavoro preparata, migliorare la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Nei Paesi poveri o in via di sviluppo troviamo una grande quantità di manodopera e i lavoratori sono disposti a qualunque lavoro non creando eccessivi “problemi” relativamente a stipendio, previdenza, sicurezza, questo si traduce in costi per l’impresa notevolmente inferiori rispetto a quelli che verrebbero sostenuti nei Paesi della Comunità Europea, ciò si deve anche all’evoluzione di sistemi di comunicazione , ed il perfezionarsi della circolazione dei beni consentono all’imprenditore occidentale di confezionare il suo prodotto in Oriente a costi enormemente più bassi che in Occidente. La legge Biagi oltre al miglioramento del mercato del lavoro per le persone “abili” cerca di migliorare le condizioni lavorative delle persone “diversamente abili”, cercando di inserirle in un contesto sociale che permetta loro di non sentirsi diverse a causa del loro handicap fisico, mentale, ma che permetta loro di sentirsi in coerenza con il progetto aziendale, grazie anche agli incentivi economici riconosciuti alle imprese.

 
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