Autore: Ghera, Federico
Titolo: Lo statuto regionale ordinario come fonte del diritto
Periodico: Diritto e società
Anno: 2008 - Fascicolo: 3 - Pagina iniziale: 351 - Pagina finale: 378

Dopo la revisione dell'art.123 Cost. da parte della legge costituzionale n. 1/1999, una parte della dottrina ha sostenuto che gli statuti delle Regioni ad autonomia ordinaria sarebbero divenuti delle vere e proprie "costituzioni" regionali, come tali legittimati a disciplinare non solo l'organizzazione interna delle Regioni, ma pure a stabilire per ciascuna di esse un autonomo catalogo di diritti e principi fondamentali, sia pure "in armonia" con quello previsto dalla Costituzione. Analizzando i vari argomenti addotti in dottrina a sostegno di questa impostazione, si è però concluso che nessuno di essi sembra resistere alle obiezioni che possono essere rivolte. Dopo di che l'analisi si è concentrata sulle ben note sentenze nn. 372, 378 e 379/2004 della Corte costituzionale, le quali hanno assunto sulla questione una posizione sostanzialmente intermedia, escludendo l'illegittimità dei c.d. contenuti "ulteriori" degli statuti ma, al contempo, attribuendo ad essi un valore solo politico-culturale. Al di là delle obiezioni che sono state rivolte alla posizione della Corte dal punto di vista strettamente logico-giuridico, l'analisi si è particolarmente concentrata su un serio inconveniente che essa presenta, e cioè quella - parrebbe - di non consentire al giudice costituzionale di scrutinare nel merito i contenuti sostanziali degli statuti, neppure quando essi presentino enunciati radicalmente in contrasto con i principi e i valori sanciti dalla Costituzione. Successivamente, si è tentato di esaminare la posizione degli statuti regionali ordinari nel sistema delle fonti sotto tre punti di vista, e cioè del loro rapporto con - rispettivamente - le altre fonti regionali, la Costituzione e le leggi ordinarie dello Stato. Sotto il primo profilo, si è sostenuto che - una volta esclusa la possibilità degli statuti di stabilire principi "sostanziali" vincolanti nei confronti delle leggi regionali (Corte cost. sentt. nn. 372,378, 379/2004) - si deve altresì escludere l'esistenza di una vera e propria relazione gerarchica tra i due tipi di fonti. Da qui la ricostruzione dei loro rapporti in chiave di competenza, pur sottolineandosi la presenza di elementi di gerarchia, specialmente in considerazione della capacità dello statuto di disciplinare una materia che è pure di competenza della legge regionale (vale a dire l'organizzazione della Regione) con norme in grado di prelevare su quelle legislative. Si è poi esaminata la capacità dello statuto di disciplinare le altre fonti regionali, tentando di mettere in luce sino a che punto può spingersi in tale direzione: in particolare, mentre si è esclusa la capacità di istituire atti regionali con forza di legge, si è poi sottolineato come la giurisprudenza costituzionale abbia ammesso che essi possono disciplinare in modo differenziato il procedimento legislativo, così da articolare il "tipo" legge regionale in una pluralità di "sotto-tipi"; ciò oltre alla possibilità di intervenire ampiamente sul livello secondario del "sistema" regionale delle fonti, anzitutto ripartendo variamente tra la Giunta e il Consiglio la potestà regolamentare. Per quanto riguarda il rapporto tra gli statuti e la Costituzione, il lavoro si è soffermato sulla vexata quaestio della formula per cui il primo deve essere in "armonia" con la seconda: la conclusione raggiunta, anche sulla base della giurisprudenza costituzionale, che è tale limite non deve intendersi come "aggiuntivo" rispetto a quelli già desumibili dal sistema costituzionale (pur dovendosi intendere questi come comprensivi degli stessi principi generali in materia di organizzazione dei pubblici poteri). Infine, relativamente al rapporto tra gli statuti e le leggi ordinarie dello Statuto si è sostenuto come - anche in considerazione dell'eliminazione del limite della "armonia con le leggi della Repubblica" - debba escludersi la capacità delle seconde di condizionare i primi nella disciplina dell'organizzazione regionale, se non nei casi in cui siano a ciò abilitate da puntuali norme costituzionali. ciò nonostante un obiter dictum contenuto nella sentenza n.12/2006 della Corte costituzionale, in cui si afferma la necessità che gli statuti rispettino non solo i principi costituzionali, ma pure le "leggi di diretta attuazione" degli stessi.




SICI: 0391-7428(2008)3<351:LSROCF>2.0.ZU;2-O

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