LIUC Papers n. 285, giugno 2015 - Economia e Impresa, 77

L'economia italiana e il paradosso della produttività

Giuseppe Schlitzer

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Sommario

Il ristagno della produttività in Italia, iniziato alla metà degli anni ‘90, è un fenomeno assolutamente unico nel panorama delle economie industrializzate e viene oggi considerato la principale causa della bassa crescita. Del fenomeno sono state offerte varie spiegazioni, alcune delle quali mettono in discussione scelte cruciali della politica economica perseguita dal Paese negli ultimi due decenni. In questo studio esamino i principali filoni di interpretazione proposti, che puntano il dito rispettivamente contro (i) l’euro, (ii) le riforme di liberalizzazione del mercato del lavoro, (iii) alcuni presunti limiti storici del modello italiano di sviluppo. Alla luce dei dati e della letteratura esistente, nessuna delle tre interpretazioni sembra fornire una spiegazione convincente del ventennale ristagno della produttività. Nel lavoro suggerisco come una serie di altri fattori, di fatto ignorati dalla letteratura nonostante essi abbiano contrassegnato lo sviluppo economico, sociale e istituzionale del nostro Paese nel periodo considerato, possono aver contribuito a deprimere la produttività: il processo di consolidamento fiscale e il ruolo della domanda aggregata; la ‘devolution all’italiana’ con le sue conseguenze sulla funzionalità dell’apparato amministrativo; l’aumento dell’età media dell’occupazione conseguente alle riforme pensionistiche; la cattiva performance di alcuni settori dei servizi e delle costruzioni; la de-industrializzazione accelerata causata dall’attuale recessione. La principale conclusione dell’indagine è che non può esistere una causa unica del ‘paradosso della produttività’, poiché è praticamente impossibile conciliare la brusca inversione di tendenza verificatasi a metà degli anni ‘90 con la inusuale persistenza del fenomeno. L’ipotesi più sensata risiede nella combinazione di più cause tra tutte quelle qui considerate, che agendo contestualmente o in sequenza temporale hanno contribuito e ancora oggi contribuiscono a deprimere l’indicatore della produttività. L’indagine offre un’ampia rilettura della recente evoluzione della nostra economia, sia sul piano dell’adeguatezza delle politiche economiche adottate che riguardo alle strategie messe in campo dalle imprese per fronteggiare la nuova competizione globale.

Abstract

Italy’s sharp and persistent slowdown in productivity growth, started around 1995, is a quite unique phenomenon amongst the advanced nations of Europe. While being generally considered at the roots of the country’s economic decline, such productivity dynamics looks somewhat puzzling. One would in fact expect that the country’s ongoing structural reform process, coupled with the benefits from globalization and the ICT revolution, would show up in Italy’s aggregate productivity statistics. In this paper I critically review the main explanations of the ‘productivity paradox’ which have been put forward, pointing respectively against (i) the adoption of the euro; (ii) the labour market reform; (iii) some structural features of Italy’s development model. In light of some simple empirical evidence and the existing literature, I conclude that none of the proposed ‘theories’ appears to provide a fully convincing explanation of the phenomenon. Moreover, I suggest that a number of other factors, which have been completely ignored in the debate albeit they have marked Italy’s social, economic and institutional evolution in the last two decades, are likely to have negatively affected productivity growth (either labour productivity or TFP). I focus in particular on (i) the fiscal consolidation effort and its possible real effects; (ii) the role of the government sector and the so called ‘devolution’ process; (iii) the increase in retirement age following the pension system reform; (iv) the poor productivity performance of some private services and the construction sector together with the shrinking weight of manufacturing on the total economy. All this being said, I argue that there cannot be a single explanation for Italy’s productivity paradox. Also in light of the unusual depth and persistence of the slowdown, the most reasonable explanation hinges on a mix of factors amongst all those considered in the paper.

 
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